I droni sono la nuova frontiera tecnologica, e nel “precision farming” stanno sempre più affiancando – e a volte sostituendo – satelliti, immagini aeree e programmi computerizzati per gestire in modo ottimale le coltivazioni e i terreni. La raccolta e l’elaborazione dei dati, l’analisi e l’aggregazione delle informazioni sono ormai parte integrante di un’attività che in Italia deve affrontare diverse sfide.
La perdita di terreno a causa dell’abbandono e della cementificazione di terreni fertili, infatti, in base a dati Ispra, ha causato negli ultimi dieci anni la perdita di quattrocento milioni di chili di prodotti agricoli e ridotto la superficie utilizzabile a 12,5 milioni di ettari, aumentando la necessità di importare dall’estero; oltre ad aumentare la difficoltà di assorbimento e smaltimento dell’acqua piovana in un Paese dove il novantaquattro per cento dei comuni è a rischio idrogeologico.
Una situazione aggravata dal cambiamento climatico che, secondo un’analisi Coldiretti sui dati Eswd, nel 2022 è stato la causa di circa tremila eventi estremi, tra lunghi periodi di siccità e piogge torrenziali. In questo contesto è vitale migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse, la produttività, la qualità, la redditività e la sostenibilità della produzione agricola, contemperandone le esigenze con la necessità della tutela ambientale.
I droni, e tutte le tecnologie simili, possono contribuire a tutto questo, consentendo di valutare lo stato del terreno per adottare le tecniche di coltivazione più efficaci. Inoltre, dalla loro prospettiva aerea, offrono la possibilità di rilevare dati e informazioni sulla singola pianta, monitorare lo stato fisiologico delle colture e l’insorgenza di eventuali malattie. Equipaggiati con fotocamere multispettrali e un avanzato sistema di sensori – accelerometri, giroscopi e magnetometri -, i droni sono in grado di garantire interventi sostenibili anche da un punto di vista ambientale. Calcolando infatti, con esattezza, le quantità di fertilizzanti o pesticidi di cui una coltivazione ha bisogno, è possibile evitare trattamenti inutili e ridurre i costi.
I risultati sono finora incoraggianti: l’irrigazione basata sui dati raccolti dai droni può portare a un risparmio idrico del trenta per cento. Ciò consente agli agricoltori di conciliare le loro attività con la necessità di preservare le zone umide costiere della zona. L’agricoltura di precisione «può rendere l’attività più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. In un periodo storico come questo in particolare, dove il costo delle materie prime è più imprevedibile che mai e gli effetti dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti, l’ottimizzazione delle risorse è l’unica strada percorribile per poter sopravvivere alla crisi».
L’applicazione dell’agricoltura di precisione mette a disposizione dell’agricoltore dati puntuali sullo stato di salute delle coltivazioni, qualunque esse siano, permettendo di andare a ottimizzare i trattamenti all’interno del campo e di limitare al massimo lo spreco di risorsa idrica.
E poi c’è il capitolo inerente al risparmio idrico: per quanto riguarda l’acqua, invece è in grado di ottimizzare e ridurre lo spreco sfruttando gli stessi dati multispettrali che, combinati con dati rilevati a terra, danno la possibilità di dare indicazioni agli agricoltori su quanta acqua utilizzare. Tutto questo inevitabilmente si ripercuote in modo positivo sia dal punto di vista economico che ambientale.
Proseguendo, in Toscana si sperimentano i droni impollinatori per aumentare la produzione di olio senza alterare il paesaggio. A novembre all’Eima di Bologna – l’esposizione internazionale di macchine per l’agricoltura e l’allevamento – è stato presentato un progetto per lo sviluppo di un kit innovativo specifico per la distribuzione di insetti utili nell’agricoltura biologica. Ed è solo l’inizio. Secondo la società di dati e analisi Global Data, la domanda di robot da campo – che ha ottenuto un fatturato di 1,1 miliardi di dollari nel 2020 – raggiungerà gli undici miliardi di dollari entro il 2030. In particolare, secondo il rapporto, il mercato dei droni commerciali supererà quello dei droni militari e, nei prossimi anni, diventerà il più grande segmento del mercato dei droni per fatturato. E i droni agricoli saranno un fattore chiave.
Al momento, gli ostacoli che rallentano la diffusione capillare dei droni in agricoltura sono due. La prima riguarda i costi e la seconda la difficoltà di far volare l’aeromobile, di acquisire le immagini e di rielaborarle professionalmente in base alla propria attività. Per questo motivo esistono servizi che, in maniera simile ai droni, forniscono immagini catturate da satelliti “pubblici” che passano sopra i campi ogni tre o quattro giorni. Queste panoramiche vengono fornite ad aziende specializzate, che a loro volta le inviano ai propri clienti (le aziende agricole).
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